Cari rifiuti..

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Sa quanti soldi ci vogliono per tenere pulita l’area Unesco di Firenze? Parliamo di 0,4kmq, una fettuccia di centro storico divenuto patrimonio dell’umanità.. 20milioni di euro l’anno!

E Firenze, per giunta, conta 381mila residenti (dati Ispra), anche se ormai registra milioni di presenze in città (un milione è il peso medio degli abitanti di punta tra city users e turisti). Quando si parla di rifiuti però, come sembra alludere la domanda retorica dell’amministratore di un’impresa di smaltimento rifiuti fiorentina, i numeri diventano molto relativi. Proprio perché sul concetto di rifiuti gravitano tanti e diversi altri aspetti: si tratta di rifiuti urbani? In che percentuale viene calcolato il tributo a carico delle famiglie, quando un comune calcola la tassa pro-capite sui rifiuti? Quanto costa ad un comune recupero, smaltimento e trattamento dei rifiuti? Si può misurare l’efficienza di un gestore privato, un consorzio, una SpA? E il comportamento del cittadino nel seguire le regole di raccolta differenziata?

Firenze, come da bilancio comunale 2013 – all’epoca, per capirci, in cui Matteo Renzi era sindaco -, spendeva per cittadino 209,88 euro alla voce rifiuti solidi urbani, appena dopo, al 728° posto in classifica, di Arquata Scrivia in Piemonte, che però ha 6300 abitanti. Mentre per l’ammontare pro-capite delle tasse comunali sui rifiuti, il capoluogo toscano era primo nella classifica dei comuni tra i 200 e i 500mila abitanti, con circa 228 euro di tributo. Il comune dell’ex sindaco Renzi, con questo importo, mise a bilancio consuntivo poco meno di 86milioni di euro. Una volta che Renzi è diventato primo ministro, il suo vice, Dario Nardella, subentrato alla tolda di comando, ha incassato meno per la cosiddetta TARSU (rifiuti solidi urbani), come da consuntivo 2014: 71milioni e 500mila euro, per circa 189euro di tassa pro-capite. Anche se, da bilancio preventivo 2014, aveva immaginato un importo più sostanzioso: 239euro per nucleo familiare. E forse faceva bene perché, alla fine della fiera il comune di Firenze ha speso 84milioni, pari a 223 euro pro-capite. In compenso il capoluogo toscano ha fatto meglio sulla raccolta differenziata rispetto alla capitale. I dati ISPRA, che offrono una panoramica completa di tutti gli ottomila comuni d’Italia, indicano che dal 2012 al 2014, il trend della RD a Firenze è cresciuto di 6 punti percentuali, arrivando al 44%. La capitale con i suoi 2milioni e 600mila abitanti residenti e almeno 6mln tra city users e turisti, ha sì aumentato la percentuale di RD dal 2010 al 2014 di quasi 14punti percentuali, ma si è fermata al 35,18%, trattando una mole di RD pro-capite di 210,69kg/anno, rispetto ai 277,42 kg/anno per abitante di Firenze. Il problema analogo di Roma, tuttavia, è che ha registrato nelle entrate a bilancio (2013) circa 172,67 euro come ammontare della TARSU per ogni nucleo familiare, mentre ha dovuto mettere alla voce spese circa 266 euro pro-capite come costo di gestione dei rifiuti solidi urbani. In altre parole ci ha rimesso e il lavoro da fare, quanto a raccolta, è ancora parecchio.

Il comune di Livorno, 160mila abitanti e in decrescita negli ultimi quattro anni, nei propri registri contabili del 2013, come entrate, annotò 129,51 euro di ammontare di tassa comunale sui rifiuti pro-capite ma il tributo sui rifiuti aveva già iniziato la sua crescita esponenziale dall’anno precedente. Anche perché il comune spendeva circa 229euro per nucleo familiare per la raccolta e la gestione dei rifiuti: molto di più di quello che aveva riscosso come tassa. Come ci raccontano i dati ISPRA, per giunta, i livelli di RD non erano migliori di quelli di un grande centro urbano come Roma (e continuano a non esserlo ancora oggi): un 38% e un trend di crescita dal 2012 – l’anno dell’aumento della tassa comunale sui rifiuti – di appena due punti percentuali. E questo aspetto potrebbe essere, come ha sostenuto la stampa locale e nazionale, uno degli indicatori dell’inefficienza che ha portato al dissesto finanziario dell’Aamps, l’azienda municipalizzata che si occupa dei rifiuti. Ma non il più determinante: la municipalizzata livornese era in perdita e a rischio crac già prima del 2012, destinava in outsourcing parte del lavoro dei spazzini (con esborsi importanti per una società che non incassa) e a tutt’oggi, oltre ad aver chiesto ai livornesi di sopportare una città meno pulita e pagare una tassa sui rifiuti più cara, l’azienda potrebbe far sborsare ancora altri soldi per essere ricapitalizzata.

Dal 2012 al 2014, in sostanza, complice l’introduzione di calcolo di un’aliquota sui rifiuti diversa rispetto agli anni precedenti, molti dei comuni più grandi (>200mila abitanti), ma non solo, hanno aumentato le tasse sui rifiuti pur non andando in pari con le spese sostenute; senza contare i comuni dove le spese per i rifiuti hanno superato anche la più temibile delle previsioni. E il problema è che a spese maggiorate non è corrisposto un servizio migliore, in termini quantitativi.

Una mappa del ministero dello sviluppo economico rende l’idea, regione per regione stavolta, della fase di avanzamento di ogni area d’Italia nello smaltimento dell’umido nei rifiuti prodotti, con risultati purtroppo abbastanza scontati.

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